Mastoplastica additiva: cose da sapere prima di rifarsi il seno – Parte 2

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La mastoplastica additiva è tra gli interventi di chirurgia plastica estetica più diffusi e più desiderati dal pubblico femminile. Essa consiste nell’inserimento di una protesi di silicone nella regione pettorale per l’aumento delle dimensioni del seno. In questo breve articolo si forniranno 5 consigli e curiosità sulla mastoplastica additiva.

Mastoplastica additiva e cicatrici

La qualità e la posizione della cicatrice è uno degli aspetti che più preoccupa le donne quando sono intenzionate ad aumentare il seno. La cicatrice può essere posizionata in tre sedi:
• Alla piega inferiore della mammella (piega inframammaria)
• A livello dell’areola
• Nella regione ascellare anteriore
Tutte e 3 le possibilità, se frutto di un progetto pre-operatorio accurato e se la incisione è posizionata correttamente, lasciano nei soggetti predisposti a buona cicatrizzazione, un residuo cicatriziale molto poco visibile. Naturalmente, è necessario attendere il tempo biologico di maturazione di una cicatrice che può durare anche fino ai 18 mesi.

Mastoplastica additiva e piano di inserimento

Si sente spesso parlare di dual plane, sottomuscolare o sottoghiandolare. Questi tre sono basicamente i piani tissutali dove può essere inserita una protesi.
• Dual Plane è il piano ad oggi maggiormente utilizzato in Europa e prevede la copertura per la parte superiore (circa i 2/3) della protesi da parte del muscolo grande pettorale e per il terzo inferiore dalla ghiandola mammaria.
Il principale vantaggio risiede in una buona copertura della protesi nella parte superiore, ideale soprattutto nelle donne con poco pannicolo adiposo ed una buona espansione della parte inferiore della protesi con un risultato naturale.
• Il posizionamento sottoghiandolare è indicato in quelle donne che posseggono una buona copertura tissutale ghiandolare e adiposa. Il principale vantaggio è che è una procedura più semplice e che solitamente permette un recupero più rapido.
• Il piano muscolare totale è raramente utilizzato in chirurgia estetica. Solitamente viene utilizzato in interventi di chirurgia mammaria ricostruttiva, ad esempio dopo l’asportazione della ghiandola mammaria dopo un tumore.

La scelta del piano è frutto di una accurata visita pre-operatoria in cui verranno considerate le caratteristiche tissutali della singola paziente.

Mastoplastica additiva e complicanze

L’unico chirurgo che non ha complicanze è quello che mente o quello che non opera. Questo deve essere chiarito durante le visite precedenti alla chirurgia. Nel caso dalla mastoplastica additiva però le complicanze, in mano esperte, sono molto poche, stimabili intorno al 2-3%. Il modo migliore per ridurre al minimo questi effetti indesiderati è ascoltare i consigli del chirurgo plastico da seguire nel periodo post operatorio e scegliere una protesi di dimensioni non troppo grandi. Quest’ultimo passaggio, sembra banale ma non lo è affatto: qualsiasi chirurgo per inserire una protesi di grandi dimensioni deve creare una tasca di dimensioni più grandi, maggiore è la misura della protesi. Questo porta ad un totale stravolgimento dell’anatomia di muscoli e fasce della regione mammaria che sono fondamentali per permettere alla protesi di rimanere posizionata correttamente nel corso del tempo. Inoltre, una protesi di maggiori dimensioni pesa di più. La forza che questo peso produce sui tessuti porta con il tempo ad una perdita di elasticità ed a uno indebolimento delle strutture della mammella causando una rilassatezza dei tessuti e conseguente discesa della protesi. Concludendo, le complicanze di un intervento di mastoplastica possono sì essere frutto di un errore umano, in questo caso del chirurgo, ma molte volte sono diretta conseguenza di una misura esagerata dell’impianto rispetto alle caratteristiche della paziente.

Mastoplastica additiva, protesi macrotesturizzate e ALCL

Ultimamente si sente parla delle cosiddette protesi macrotesturizzate Allergan, ritirate dal mercato nazionale francese in quanto sembrerebbero una tra le cause dell’insorgenza del linfoma associato alle protesi mammarie. Il problema principale di queste protesi sembrerebbe risiedere nel rivestimento esterno di esse che, a causa della sua grande rugosità, causerebbe un processo infiammatorio che, in una percentuale molto bassa, potrebbe portare alla creazione di cellule linfomatose. I processi alla base di questa seria complicanza ad oggi ancora non sono completamente chiari e l’intera comunità scientifica internazionale è focalizzata nel capire i meccanismi eziopatologici. Ad oggi, la cura di questo linfoma, quando localizzato regione mammaria, è piuttosto semplice e rapida, e consiste nella rimozione della protesi e della totalità della capsula che la circonda. Nonostante questo, e nonostante la possibilità di andare incontro a questa malattia sia assolutamente bassissima rispetto ai milioni di protesi inserite ogni anno, è dovere etico del medico informare la paziente di questa possibilità e proporre protesi che non presentano questo problema. Una volta informata la paziente, si può considerare a seconda dei suoi desiderata, delle caratteristiche anatomiche e del risultato che si vuole ottenere, se scegliere una protesi anatomica microtesturizzata, consigliabile soprattutto in quelle pazienti che hanno una distanza limitata da capezzolo e solco mammario, che presentano una mammella tuberosa o che desiderano un risultato naturale o se optare per una protesi tonda e liscia, considerando però che nei casi appena descritti non sarà possibile ottenere un risultato ottimale.

Mastoplastica additiva e durata e garanzia della protesi

C’è molta confusione riguardo la durata delle protesi e se esse debbano essere sostituite periodicamente. Le più famose case di produzione di impianti mammari forniscono una garanzia contro la rottura e molte di esse coprono anche l’eventuale contrattura capsulare di alto grado (tipo III o IV), cioè quando intorno alla protesi si forma una capsula che ne modifica visibilmente la forma e la posizione. Detto questo, esiste un tempo limite entro il quale una protesi deve essere sostituita? No, non esiste un tempo limite entro il quale una protesi debba essere “revisionata”. Infatti le moderne protesi sono composte da materiali, principalmente silicone, che non vanno incontro a modificazioni importanti della struttura sempre se non messo a dura prova da eventi traumatici importanti. La problematica di base è invece un’altra: noi tutti purtroppo invecchiamo e con noi invecchiano i nostri tessuti che col passare del tempo perdono di elasticità e tonicità. Queste modificazioni strutturali del nostro corpo posso comportare un cambiamento del risultato a lungo termine, non perché la protesi inserita abbia qualche problema ma perché l’individuo dopo 10-15 anni ha subito dei processi di invecchiamento per i quali, la protesi scelta tempo addietro, oggi può essere non più quella ideale o necessita alcune accortezze (come ad esempio un lifting del seno) per apparire nuovamente armonica con il corpo della paziente.